Settembre 18, 2020

Diabete Mellito In Gravidanza

A fronte di una gravidanza, una donna deve effettuare controlli periodici per se stessa e per il feto.

Tra questi rientra la curva da carico che viene di norma eseguita tra la 24° e la 28° settimana di gravidanza; si pone questo periodo come limite in quanto nel secondo trimestre aumenta l’insulino-resistenza, e di conseguenza donne che non hanno l’abilità di produrre abbastanza insulina da superare questa resistenza, vedono un inevitabile aumento dei valori della stessa.

Ma perché è così pericoloso?

Per il rischio di insorgenza del diabete gestazionale (GDM)  che rappresenta un rischio per la salute della madre e del feto sia nel corso della gravidanza stessa che al momento del parto.
Gli eventi avversi legati alla madre comprendono ipertensione, preeclampsia, infezioni urinarie e aumentato rischio successivo di insorgenza di diabete mellito.

Per il bambino, invece, è associato a macrosomia, anormalità congenite e rischio di sviluppo di sindrome metabolica e obesità nel corso della vita.

I fattori che espongono la madre al rischio di insorgenza del GDM sono:
1) Obesità (BMI superiore a 30)
2) Precedenti gravidanze con diabete
3) Parenti di primo grado affetti da diabete
4) Condizioni cliniche associate a insulino-resistenza (come sindrome dell’ovaio policistico, storia di ipercolesterolemia o ipertensione).

Qualora rispetto ai controlli, il ginecologo faccia diagnosi di diabete gestazionale consiglia alla futura mamma, l’intervento del nutrizionista. L’obiettivo, infatti, di un regime alimentare adeguato e bilanciato è quello di evitare picchi glicemici e consentire la fisiologica crescita del feto. Tale regime deve necessariamente essere associato ad una regolare attività fisica sia per la sua azione positiva sul profilo endocrino e metabolico , che per mantenere sotto controllo il peso.

Dal punto di vista nutrizionale tenendo conto del suo fabbisogno aumentato della paziente, quest’ultima deve seguire una dieta a basso carico glicemico, con pochissimi zuccheri e ricca di sostanze funzionali.

Deve essere rispettato il numero dei pasti (3 pasti principali e 2 spuntini per mantenere il più possibile armonico l’andamento della glicemia) e devono essere inseriti tutti i macronutrienti per ogni pasto. E’ preferibile optare per piatti unici a pranzo e cena prediligendo fonte di carboidrati poco raffinati come farro, orzo, riso integrale, quinoa associati ad una abbondante porzione di verdure, proteine (uova, carni bianche magre, carne rossa grassfed, pesce azzurro e ricco in omega, legumi, ricotta) e grassi (olio evo e frutta secca). In tal modo il picco glicemico sarà modulato dalla presenza degli altri macronutrienti.  E’ necessario consumare almeno 2 porzioni di frutta associate a yogurt o frutta secca sempre per la teoria appena spiegata, evitando succhi ed estratti di frutta.

Storicamente il principale obiettivo della dieta per pazienti affette da GDM era la restrizione dei carboidrati con conseguente riduzione degli zuccheri in modo da limitare i livelli di glucosio post prandiale ed evitare l’esposizione del feto all’iperglicemia, aumentando  di conseguenza i grassi nella dieta.

Ciò influenza la composizione del microbiota intestinale. Per microbiota si intende l’insieme dei microrganismi che colonizzano il tratto intestinale umano e che in simbiosi con l’ospite (uomo) digeriscono gli alimenti producendo composti bioattivi che hanno effetto benefico sulla fisiologia dell’intero individuo e nel corso dell’intera esistenza. Non stupisce quindi che una composizione del microbiota alterata, condizione definita come disbiosi, sembri avere un ruolo chiave in molte malattie acute e croniche come quelle che interessano il metabolismo (diabete, obesità, insulino-resistenza).

In gravidanza il maggior numero di cambiamenti del microbiota si verifica nel primo trimestre con un aumento della varietà dei batteri  e una diminuzione della loro ricchezza.

Perciò una paziente che segue il “fai da te” in caso di diagnosi di diabete gestazionale (aumentando grassi e riducendo carboidrati senza prestare attenzione invece alla loro scelta qualitativa) permette ai batteri pro-infiammatori (come Bacteroides) di aumentare ulteriormente e favorire in questo modo l’insulino-resistenza. Al contrario, l’abbondanza di specie come i Bifidobacterium è associata a riduzione della glicemia e della colesterolemia, seguendo le iniziale indicazioni nutrizionali riportate.

La paziente oltre all’alimentazione, dovrà svolgere attività fisica; in quanto questa favorisce una maggiore insulino-sensibilità, una maggiore captazione del glucosio, un minore incremento ponderale, un ritardo dell’inizio della terapia insulinica e una ridotta quantità di insulina somministrata.

Un iniziale approccio per aiutare le donne ad essere fisicamente più attive può consistere semplicemente nel praticare più attività fisica non strutturata  come cammino, jogging, bicicletta, ballo, corsa, nuoto e pesi nel corso della loro giornata.

Qualora la combo alimentazione e attività sportiva non dovesse funzionare (accade nel 10% dei  casi ), è necessario far ricorso a una terapia farmacologica (insulina) per abbassare i livelli di glucosio post-prandiali, privilegiando in particolar modo gli analoghi rapidi dell’insulina che sembrano agire meglio (in maniera più veloce e lunga nel tempo) sul controllo della glicemia. Al contrario, si preferisce evitare la somministrazione di farmaci ipoglicemizzanti orali in quanto non sono ancora disponibili dati esaustivi riguardo i possibili effetti sul feto.

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